Villapriolo i luoghi d’interesse e monumenti da visitare (Documentari)

La Torre civica “La Furia” Il monumento più importante è la torre civica con l’orologio che sorge al centro della piazza principale del paese, il quale prende il suo nome, in ricordo del Cav. La Furia e segna con i suoi rintocchi il tempo. La torre è a pianta quadrata in muratura, delle dimensioni di 4,70 × 3,80 m e alta 15 m. La base è realizzata con pietra bugnata mentre i prospetti in elevazione si presentano intonacati. Nella parte superiore della torre è dotata di quattro aperture ad arco che permettono l’affaccio sulla piazza. Sulla copertura è presente una bandiera segnalatrice dei venti e le campane dell’orologio che segnano le ore e i quarti e con i loro rintocchi segnano il passare del tempo. Il meccanismo dell’orologio e delle campane è della azienda Trebino (dal 1824), conosciuti in tutto il mondo quali maestri orologiai e provetti campanari anche fornitori della Città del Vaticano. Nella prima facciata della torre porta una lapide che porta le seguenti parole:

Questa civica torre dono del Cav. Uff. Giuseppe La Furia testimoni ai concittadini il suo grande amore a la sua devozione alla terra natia è col perpetuo battere delle ore del suo orologio li accompagni nella giocondità del fecondo lavoro – Nell’anno del Signore 1948” La piazza è luogo di interesse per feste ed eventi. Molti i volti noti dello spettacolo e del panorama musicale che si sono esibiti sul palco della piazza, allestito in occasione della festa del patrono del paese che viene festeggiato il 23 agosto.

La Chiesa “San Giuseppe” , nel piccolo borgo di Villapriolo esistevano due luoghi di culto, già nel sec. XVII esisteva una chiesa intitolata a San Giuseppe. La “Chiesa Vecchia”, costruita dalla famiglia Notarbartolo, dopo che fu abbandonata e abbattuta danneggiata dal violento terremoto del 9 e dell’11 gennaio 1693 (Terremoto del Val di Noto del 1693) e del 28 Dicembre 1908 (Terremoto di Messina del 1908). La vita spirituale della comunità dei coloni proseguì già dal 1762 nella cappella dell’oratorio costruita dalla Confraternita del Santissimo Sacramento. Sciolta la confraternita nel 1875, la cappella dell’oratorio fu ingrandita per divenire una chiesa vera e propria. Nel 1897 prese il nome di Santissimo Sacramento,  Don Giuliani Giovanni era il cappellano e curatore nel 1898. Con l’aggiunta dell’attuale presbiterio venne realizzato nel suo interno l’attuale “Coro” e solo il 23 maggio 1935, venne eretta al rango di Parrocchia intitolata a San Giuseppe. La chiesa è di forma rettangolare costituita da un’unica navata fiancheggiata da nicchie dove sono collocate statue di produzione artigianale sia in legno che in gesso, di vari santi. Lungo le pareti sono collocati dei basso rilievi in legno raffiguranti la Via Crucis.  Il pavimento originario è stato rifatto in marmo così come l’altare e il tabernacolo, che originalmente erano in legno. La zona dell’altare è ricca di stucchi e sono collocate tre nicchie, le due laterali ospitano le statue di San Giuseppe e l’Immacolata, mentre in quella centrale vi è il tabernacolo in marmo rosa. La Chiesa Vecchia si trovava dove adesso sorge l’Edificio Municipale e la Cappella del SS. Sacramento l’attuale chiesa.  Oggi il parroco della chiesa di San Giuseppe e’ don SALVATORE BEVACQUA (Villarosa  01/01/1947).

Il Calvario “SS Crocifisso” lo storico monumento posto al centro del paese, venne costruito nel 1857, per volere di Padre Luigi, membro della Confraternita del SS. Crocifisso allora esistente a Villapriolo. Tutte le spese per la realizzazione del progetto vennero affrontate dai fedeli. La costruzione durò quasi tre anni in quanto venne eseguita a mano con pietra locale. Salendo la scalinata possiamo ammirare lungo le pareti dei basso rilievi in pietra raffiguranti la Via Crucis e viene celebrato ad ogni rilievo la funzione religiosa. In cima troviamo le tre Croci realizzate in legno, dove ancora oggi il giorno di Venerdì Santo viene ripetuta la Crocifissione del Signore. Nel 1978 venne completamente ricostruito in blocchi di tufo rivestiti, non essendo più in buone condizioni, ma pur lasciando la sua forma originale, perdendo la sua antica bellezza. Nel 2014 l’ultimo lavoro di restauro.

Cappella “Figuredda” II termine «cappella»  si riferisce, invece, a vere e proprie strutture architettoniche, chiuse con cancelli e vetrate, atti a preservare l’immagine sacra.E’ interessante altresì notare come nel nostro ambito, alla denominazione di cappella se ne affianchino altre di matrice popolare, quali: cappìdduzza, figuredda, altareddi . Le cappidduzze» o «edicole votive» «possono essere definite, per l’oggetto della loro fruizione, i manuali di teologia e sociologia delle classi popolari, nelle cui pagine quotidiane la gente legge il suo rapporto con la divinità e con gli altri.

Le Case Museo di Villapriolo, piccolo paese museo, alcune case sono state adattate a museo, e all’interno sono state allestite ricostruzioni degli usi e costumi dell’epoca in cui erano ancora in funzione le miniere di zolfo. Si può visitare la casa del contadino e dello zolfataio, la casa dell’emigrante, la bottega del ciabattino, la casa del grano che custodisce un’antica trebbia del 1937 e la tipica casa del contadino, una abitazione dell’800, per arrivare alla stalla e al palmento che si apre su un panorama che si affaccia sotto le pendici del paese e da cui si scorge un vecchio mulino ad acqua. La casa del lavoratore giornaliero, “u iurnataru”, è allestita nella casa più antica del centro abitato che risale al 1876. Il lavoratore giornaliero non possedeva terreno e non aveva un lavoro fisso; ogni mattina si recava in piazza in attesa di essere assunto a tempo determinato dai mezzadri. La casa dello zolfataio custodisce svariati e interessanti cimeli, tra cui una cassaforte in ferro utilizzata dal proprietario della miniera per custodire i soldi e un piccolo libretto contabile del 1937 che reca sulla copertina a dicitura “settimanale”; qui venivano registrati i nomi dei minatori, i giorni e gli orari delle prestazioni lavorative, la contabilità per ciascuno di essi e il relativo punteggio di produttività. Si possono ammirare anche i tipici “firlizi” antiche sedie, che alcuni anziani realizzano tuttora. “Quando ce la passavamo male, queste erano le sedie” (cit. di un anziano del paese). Potrete visitare la “casa del grano” e il suo carretto siciliano con i suoi pregevoli dipinti cavallereschi; la casa du miricanu  emigrante dello zolfatoio, la bottega del ciabattino, il calzolaio; la tipica casa del contadino”, il “baglio del grano” dove potrete ammirare un trattore con la trebbia per il grano e un vecchio forno dell’800, il “bevaio in pietra di Cuto, la vallata dei mulini con i suoi lavatoi” e il monte Altesina.

L’antico Mulino la storia e la tradizione iniziarono nell’agosto del 1927, periodo a cavallo tra le due guerre, quando il pane e la pasta, generi di prima necessità erano sempre più richiesti. Fu allora che nell’Agosto del 1927,  Santo Spallina decise di acquistare l’antico molino di Villapriolo che aveva il nome di “Molino S. Giuseppe” con macine a pietre (Mole) mosse da un motore a carbone fossile (tipo Antracite) da HP 25 ed una produzione di ca. Kg. 130 h. Adesso sostituito con moderni macchinari, ma è rimasto sede dell’attuale molino, da tre generazioni i Fratelli Spallina si tramandano l’arte molitoria. Ha sede lì, al centro dell’isola di Sicilia, territorio cui gli antichi Greci diedero il nome di granaio d’Italia, dove il rispetto e la passione per la coltivazione cerealicola ha origini lontane ma pur sempre fortemente radicate.

Miniera di Zolfo “Gaspsa La Torre” e Salgemma, si possono visitare solo dall’esterno diverse miniere sorte attorno al piccolo villaggio. Luogo strettamente legato alla cultura delle miniere e del “Minerale giallo”, grazie alla presenza di numerosi siti minerari sorti attorno al piccolo villaggio come Miniera di Gaspa La Torre, Miniera Respica-Pagliarello, Santo Padre, Gargiulla, per l’estrazione di zolfo e salgemma. La Miniera di Gaspa La Torre a Villapriolo è stata una delle maggiori, se non il più grande bacino minerario legato all’estrazione dello zolfo di Sicilia, regione che per molti anni ne fu la più grande produttrice del mondo. È nominata per la prima volta nel 22 febbraio 1768. Proprietario della miniera fu il duca di Villarosa D. Placido Notarbartolo  (Palermo 29 Ottobre 1718 – Palermo 13 Novembre 1783). ( Documento 14 Luglio 1907) Nel 1933 in Italia fu creato l’ “Ufficio per la vendita dello zolfo italiano” poi divenuto nel 1940 “Ente nazionale zolfi italiani” al fine di contrastare la crisi dell’industria zolfifera e impegnandosi a migliorare le condizioni lavorative dei minatori con costruzione di case ed alloggi, ma anche avviando iniziative di assistenza sanitaria e assistenza sociale. Nel 1965 essa fu data all’EMS (Ente minerario siciliano) e nel 1970 furono chiuse le porte della miniera. Oggi qui si può ammirare una gola stretta che è caratterizzata dal colore rosa dei versanti, caratteristico degli scarti della lavorazione delle miniere. Qualche anziano è ancora in grado di raccontare il lavoro in miniera e intonare gli antichi canti di tradizione orale (malinconici e commoventi) dei lavoratori in miniera. Dalla metà del XIX secolo fino ai primi anni del Novecento la Sicilia fu il primo produttore di zolfo al mondo. Il bacino minerario di Villapriolo e Villarosa arrivò a contare ben 24 miniere con una lunghezza che sfiorava i sette chilometri, facendone un bacino di primaria importanza all’epoca del primato mondiale della produzione dello zolfo.

« …Scìnninu, nudi, ‘mmezzu li lurdduma di li scalazzi ‘nfunnu allavancati; e, ccomu a li pirreri s’accustuma, vannu priannu: Gesùzzu, piatati!… Ma ddoppu, essennu sutta lu smaceddu, grìdanu, vastimiannu a la canina, ca macari “ddu Cristu” l’abbannuna…» Alessio Di Giovanni    (…Scendono, nudi, in mezzo alla sporcizia cadendo in fondo dalle scalacce; e, mentre si avvicinano agli spietratori vanno pregando: Gesù mio, pietà!… Ma dopo, essendo sotto quello sfracello, gridano, bestemmiando come cani, che anche “quel Cristo” li abbandona…). La miniera di Salgemma (sale potassio) si trova nella vicina localita’ di  Corvillo.  Rappresentò la punta di diamante di una attività industriale di grande importanza per la Sicilia.  La Società S.P.T. (Sali Potassici Trinacria) creata da alcuni nobili siciliani (principe di Spatafora, conte Moncada, barone Sabatini), dopo i rilievi intendevano avviare in Sicilia un nuovo programma di sfruttamento dei giacimenti di sali potassici, sodici e alcalino-terrosi e di prodotti derivanti dagli stessi, un altra societa’  fu l’ISPEA (Industria Sali Potassici e Affini).

Il Monte Giulfo un antico centro abitato collocabile cronologicamente in epoca greca e romana, in un periodo compreso tra il sec. VIII a.C. e il II d.C. Posto ad un’altezza di circa 761 m s.l.m., controlla un’ampia zona della Sicilia centrale. Dal punto di vista morfologico si tratta di una piattaforma di arenaria orientata a N-E caratterizzata da una pendice scoscesa nella parte meridionale e da pendii meno accentuati negli altri versanti dove si trova la principale via di accesso al pianoro.La conformazione geografica risulta simile a quella di numerose alture della Sicilia centrale, sedi di antichi insediamenti, raggiunti dal moto espansionistico di due delle principali città greche dell’isola, grazie ai rinvenimenti ceramici, di gran lunga i più numerosi, di materiale archeologico rinvenuto sulla superficie dell’area, essenzialmente frammenti ceramici.Lungo il perimetro sulle pendici orientali del monte, è stata individuata una necropoli con camere sepolcrali ipogeiche, individuato a Rocca Danzese, mentre nella vallata sottostante, vi è la presenza del fiume Morello un tempo navigabile.

La Rocca Danzese l’estremità orientale di Monte Giulfo,fin sopra il fiume Morello, finendo la sua estensione con due spuntoni rocciosi che ispirano il nome della Contrada di Rocca Danzese. Durante il periodo greco fu costruito un edificio isolato dal perimetro della città greco-indigena di Monte Giulfo. Due sono le ipotesi sulla funzione, la prima che si possa trattare di una struttura militare posta su un punto strategico per il controllo della via fluviale, la seconda ipotesi di santuari fuori le mura del perimetro urbano affinché proteggessero la città. Rocca Danzese è la prima rappresentazione di questo tipo rappresentata nel centro della Sicilia. Itinerari archeologici Alla luce dei nuovi ritrovamenti raccolti attraverso lo studio del territorio il quadro delle conoscenze archeologiche si è notevolmente arricchito rispetto a quanto era già conosciuto.

Il Cimitero Comunale a pochi chilometri dal centro abitato si trova il Cimitero Comunale di Villapriolo  l’anno della costruzione risale nei primi del 1900 e dove e’ sepolto il parroco  Don Salvatore Vicino  (5 gennaio 1914 – 30 ….. ) molto ricordato negli anni 50,  rese molto fiorente la parrocchia specialmente con i gruppi di Azione Cattolica sia maschili che femminili.

La Grotta della fata e’ una grotta distante a pochi Km dal paesino. La grotta, tuttora esistente, serviva come rifugio antiaereo dagli abitanti del paese, per ripararsi dai bombardamenti durante la guerra. I boati delle bombe furono udite dalle popolazioni circostanti in particolar modo dagli abitanti di Villapriolo.

L’antico abbreveratoio, tipici degli ambienti rurali veniva utilizzato per dissetare gli animali. Una grande vasca costituita con grosse pietre. La notevole  dimensione serviva per dissetare più animali contemporaneamente. Vi e’ anche una fontana con acqua potabile.

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A cura di Francesco Paolo de Leo

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